Get In Touch & Collaboration Inquiries
Phone: +39 338 65 66 025
WhatsApp: +41 76 51 68 752
info@dan.ph

Reportage scritto e pubblicato per la Rivista Emotions // Viaggi e Cultura // Ottobre-Novembre 2019

Leggi l’articolo integrale sul magazine Emotions di ottobre-novembre 2019.
https://issuu.com/emotions_magazine/docs/emotions-magazine-rivista-viaggi-e-turismo-ottobre

Viaggio fotografico alla scoperta del popolo della foresta.

Viaggio in Roraima, terra brasiliana, al confine con il Venezuela dove vivono molte comunità di indios. Da Boa Vista con un piccolo aereo verso la regione del Catrimani. Attraverso la foresta lungo il Rio Catrimani su una barca. Alcune settimane trascorse con gli Yanomami, il popolo della foresta, all’interno dei loro villaggi e dormendo nei loro shabono.  

Boa Vista è la capitale dello stato di Roraima, lo stato più settentrionale del Brasile che confina con il Venezuela e con la Guyana. Questa piccola città ha una popolazione di poco più di 250.000 abitanti e si trova sulle rive del Rio Branco, a soli 220 km dal confine settentrionale. E’ il punto di partenza per tutti i tipi di spedizioni nell’Amazzonia Brasiliana. Da qui  partono tutte le spedizioni per la giungla amazzonica verso un territorio remoto popolato da tribù indigene come gli Yanomami e i Wapixana, ed è da qui che parte la mia avventura fotografica alla scoperta del popolo della foresta, gli Yanomami. 

Il reportage fotografico

Le immagini raccolte raccontano la vita, le tradizioni, i volti del popolo della foresta e sono state realizzate con l’obiettivo di sensibilizzare i lettori su quello che sta ancora accadendo oggi agli Yanomami nell’Amazzonia brasiliana: lo sterminio degli indigeni a causa del furto deliberato delle terre, dell’estrazione indiscriminata di minerali pregiati, dello sfruttamento selvaggio delle risorse idriche e della biodiversità. Sono questi i temi affollano nelle ultime settimane tutti i nostri media, dai social alla televisione ma che gli indigeni vivono sulla loro pelle da secoli. Una lotta impari che sta portando gli Yanomami a modificare rapidamente la loro esistenza, da un isolamento millenario a scontrarsi in maniera drammatica con la nostra civiltà moderna. Un processo di implosione e di “evoluzione sociale” incontrollata e oscuramente pilotata che sta modificando e distruggendo per sempre tradizioni e abitudini di vita. 

Non sono un antropologo. Le mie immagini e il mio racconto va letto come il racconto etnografico del viaggio fotografico da me compiuto nella foresta amazzonica e in particolare nell’area del fiume Catrimani dove vivono circa 24 comunità di indios Yanomami.  

Vivere in simbiosi e armonia con la foresta

Gli Yanomami conducono una vita non dominata dalla fretta o dall’ansia di produrre, ma capace di ascolto, di accoglienza, di dialogo, di festa, di comunione. Per gli Yanomami, tutto ha una dimensione magica e mitica. Anche la festa è un momento intenso del contatto con il mondo degli Spiriti. 

Per gli Yanomami, la “urihi”, la “terra/foresta”, è un’entità viva, nella quale si realizza una complessa dinamica cosmologica di scambi fra esseri viventi, umani e non-umani. Gli animali (Yaro pë) che la popolano sono considerati discendenti di una prima umanità, le cui immagini essenziali sono divenute gli spiriti ausiliari (xapiri pë) lasciati da Omama, il demiurgo yanomami, perché si prendessero cura degli Yanomami. Queste entità sono invocate oggi dagli sciamani per realizzare cure e restaurare l’equilibrio del cosmo. La protezione del territorio è considerata dagli indigeni come fondamentale per garantire le risorse materiali e spirituali necessarie alla loro sopravvivenza, ma anche al benessere del mondo intero. 

Gli Yanomami hanno un’intensa spiritualità, di tipo “zoista”, o animista, come si diceva una volta, pronti a cogliere il “soprannaturale” in ogni creatura vivente o inanimata e in ogni evento della vita. L’Indios vive in profonda comunione con la natura: se uccide un animale, lo fa solo per esigenze di cibo. Ma nessuno mangia ciò che ha cacciato, per evitare la vendetta dello spirito dell’animale ucciso. Così ciascuno dona agli altri ciò che ha cacciato o pescato, a sua volta nutrendosi delle prede prese dagli altri, in un’economia di comunione, senza proprietà privata. 

Quando colorano il proprio corpo di rosso urucù si identificano con gli altri abitanti della foresta e celebrano la bellezza della biodiversità. Gli Yanomami ottengono dai semi dell’annatto una tintura gialla. Questa viene mischiata con la cenere per creare una tonalità marrone che serve a decorare il corpo (a seconda del rituale cui partecipano). 

Gli Yanomami sono il popolo che non seppellisce i suoi morti. Essi vengono essiccati, cremati e ridotti in polvere, che poi viene mischiata in un frullato di banane, patate dolci e pupunhas, che viene condiviso in un pasto rituale all’interno di una grande festa a cui sono invitate tutte le tribù vicine. E’ un vero pasto di “comunione”, tramite il quale anche i nemici diventano “parenti”: è il modo di risolvere così controversie e anche guerre. 

Poche settimane sono un tempo troppo breve per una documentazione esaustiva che richiederebbe anni di convivenza con queste popolazioni; sono state tuttavia sufficienti per trarre alcune impressioni su come vive una comunità di Yanomami, sulla loro struttura sociale, la loro identità etnica e i loro costumi tradizionali. 

La fine delle società tribali

C’è qualcosa di inevitabile nella distruzione delle società tribali? Quello che sta accadendo oggi nei territori Yanomami dell’Amazzonia brasiliana – furto delle terre, estrazione indiscriminata di minerali pregiati, sfruttamento selvaggio delle risorse idriche e della biodiversità – fa sorgere questa domanda. I governi brasiliani, soprattutto con l’avvicendamento di Bolsonaro, e gli amministratori locali di Roraima hanno sempre spiegato (e giustificato) questa situazione come una conseguenza secondaria dello sviluppo e del progresso. 

Una lotta impari sta portando gli Yanomami a modificare rapidamente la loro esistenza, passando da un isolamento millenario a indossare i nostri abiti, acquistare telefoni di ultima generazione, guardare la tv satellitare nel mezzo alla foresta. Si tratta di un processo di implosione e di «evoluzione sociale» – inconsapevole, incontrollato e forse oscuramente “pilotato” – , che sta modificando e distruggendo tradizioni e abitudini di vita. 

Il mio timore di una lenta contaminazione degli Yanomami ha trovato riscontri concreti durante la mia pur breve permanenza tra loro. Tuttavia, l’aver visto le loro vite integrate con i ritmi della foresta e fatte di straordinaria umanità, mi ha anche aperto la strada verso una più ampia visione del futuro: lottare per la causa Yanomami dando supporto a quanti di loro, attraverso il principio di autodeterminazione, si stanno attivando per sensibilizzare altri Yanomami e per cercare di essere preparati ad affrontare le sfide portate dall’invasione occidentale.